Anche quest’anno ci ritroviamo in Piazza per ricordare quella splendida giornata di 66 anni fa in cui la nostra Italia fu liberata dalla dittatura fascista che per lunghi anni ha privato della libertà e della giustizia il nostro popolo.
Quest’anno poi i festeggiamenti del 25 aprile assumono una particolare valenza vista la concomitanza con i quelli per i 150 anni dell’unità di Italia, che nel 1861 ha segnato il passaggio da una penisola frammentata e divisa, terra di conquista e saccheggio, in uno stato vero, in grado di recuperare dignità ed influenza sul panorama mondiale.
Ma si può dire che in un certo senso fu solo con il conseguimento dello statuto pienamente democratico ottenuto dalla Costituzione repubblicana che raggiungemmo davvero la “vittoria” di cui parlava Goffredo Mameli nel nostro inno nazionale; un inno che dal 25 aprile 1945 potemmo cantare con rinnovata gioia ed orgoglio.
Gli anni della Resistenza furono infatti gli anni di un secondo Risorgimento, di una rinnovata lotta contro l’occupazione straniera portata avanti dai giovani nelle nostre montagne;
giovani con una sete di libertà naturale, simile a quella che ha contagiato attualmente le popolazioni del mondo arabo in cui le nuove generazioni giustamente reclamano diritti, pari opportunità, una giustizia equa per tutti i cittadini.
Vedere le immagini di queste sollevazioni popolari in televisione dovrebbe ricordarci che tutte queste cose non sono scontate, ma che le abbiamo ottenute grazie al sacrificio di tanti e che vanno difese e messe in pratica ogni giorno con il contributo di tutti.
Vedete, dopo la Liberazione abbiamo vissuto un grande periodo di riforme, ove i principi ideali di libertà hanno fatto rapidamente sviluppare la nostra società, vivendo periodi di abbondanza e prosperità. L’appagamento degli anni successivi però sta lasciando posto a quella pericolosa indifferenza, anticamera dei movimenti populisti che poi hanno generato le dittature nazifascite.
Il problema è che chi non ricorda il passato è destinato a ripeterlo e questa mattina io sento forte il bisogno di condividere con tutti voi, nel luogo simbolo di quelle giornate – nelle piazze vestite con il nostro tricolore – quel senso indignazione che negli ultimi mesi sto provando davanti a fatti che non solo calpestano gli ideali per cui tanti giovani hanno dato la vita, ma stanno creando pericolose crepe nella nostra società, già provata duramente dalla crisi economica e di ideali.
Sono infatti rimasto incredulo quando qualche settimana fa, alcuni senatori, rappresentanti del popolo, espressione di quelle elezioni democratiche garantite dalla nostra Carta Costituzionale nata proprio dalla lotta contro la dittatura hanno proposto un disegno di legge costituzionale per abolire la norma che vieta «la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista».
E ancora quando ho appreso dai giornali che l’ideologo dell’ultimo nato movimento politico, ennesimo esempio dei cambiacasacca all’italiana, ha attinto a piene mani dal manifesto degli intellettuali fascisti per redarne il documento di fondazione.
Ma ancora più grave ritengo sia l’indifferenza diffusa verso l’intolleranza di alcuni nostri rappresentanti ed i continui attacchi, aperti o striscianti, al nostro sistema istituzionale e ai suoi organismi.
Non si tratta di fedeltà cieca e acritica alla lettera della Carta Costituzionale ma bensì di consapevolezza del delicato equilibrio di garanzie che i nostri padri e le nostri madri nobili dell’Assemblea Costituente hanno costruito con grande lavoro e lungimiranza.
Lo spirito dei principi fondamentali della prima parte del nostro documento fondativo non è e non dovrà mai essere a disposizione di chi rappresenta la Costituzione come laccio burocratico che impedirebbe vuoi lo sviluppo economico, vuoi la piena sovranità del popolo: queste iniziative non devono per questo essere sottovalutate o considerate come espressioni folkloristiche di politicanti di secondo piano perchè sono invece pienamente coerenti con il clima di inerzia e di rischio di deriva populista di cui parlavamo prima.
L’allarme allora deve suonare, le nostre coscienze si devono scuotere, per uscire da quella sonnolenza che annebbia i ricordi, li ridefinisce, mescolando la verità con la bugia, la realtà con la propaganda, equiparando le azioni chi ha partecipato alle spedizioni punitive delle squadracce fasciste a chi ha combattuto nella resistenza partigiana.
Sebbene siano passati solo pochi anni da quella che, non dimentichiamolo mai, è stata una delle più grandi tragedie dell’umanità – il regime nazifascista – ci sono persone che non solo hanno già dimenticato le indescrivibili sofferenze della nostre popolazioni, ma sembrano quasi auspicare il ritorno a quel periodo.
E ancora che in Parlamento ci sia chi accusa i libri scolastici di essere di parte soltanto perchè per fortuna essi non hanno ceduto alle insidiose tentazioni revisioniste che riaffiorano continuamente, deve spingere tutti a restare uniti nella memoria della realtà della Resistenza e della Liberazione, che non appartiene a nessuna parte politica ma è patrimonio dell’Italia intera.
Iniziative come quella di Domenica scorsa promossa dall’Anpi di Monteveglio, in cui si è ragionato assieme all’autore del libro che descrive la storia nel nostro comune ai tempi della resistenza, acquisiscono un valore straordinario per ricordare i fatti, per farci capire che la scelta fatta dalle nostre popolazioni di essere antifasciste, scelta che condannava chi la faceva a mettere a repentaglio la propria vita ed in molti casi a perderla, era sospinta dalla convinzione di poter guadagnare un bene superiore e collettivo cioè la libertà.
E oggi grazie alle ricerche storiche proprio degli autori del libro, Prof.Mezzadri e Prof.Sardone, e del prezioso contributo del Prof.Ospitali abbiamo potuto con orgoglio aggiungere alla lapide dei caduti il nome di un nostro concittadino ucciso in una azione partigiana a Parma.
Il partigiano VITO SALMI prende quindi il suo meritato posto insieme ai giusti a cui il nostro paese dovrà gratitudine eterna.
E’ necessario quindi proseguire nell’azione di sensibilizzazione e sono molto soddisfatto che nell’ultimo congresso dell’Associazione Nazionale dei Partigiani si sia deciso che possono fare parte degli organismi dirigenti non solo i Partigiani ma anche coloro i quali, non avendo partecipato direttamente a quegli eventi per motivi anagrafici, si qualifichino come Antifascisti.
Proseguiamo su questa strada quindi con sempre maggiore convinzione.
Continuiamo a ricordarci l’un l’altro chi siamo e da dove veniamo,festeggiamo in questo modo i 150 dell’Unità d’Italia, ritrovando un positivo orgoglio patriottico che non si esaurisca però nei festeggiamenti di una bella giornata di marzo.
Facciamo sventolare in tanti le nostre bandiere tricolore ma ricordiamoci sempre che il terreno su cui sono piantate è fatto di Democrazia, di Resistenza, di Costituzione.
Viva il 25 aprile! Viva l’Italia!
Il Sindaco di Monteveglio, Daniele Ruscigno ”
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Pasqualino Lanzarini
Luisa Baccolini
Mirella Baccolini
Giuseppe Vignudelli
Oratori ufficiali
Lascio ora la parola ai nostri oratori ufficiali che quest’anno sono Pasqualino Lanzarini, storico presidente dell’Anpi di Monteveglio e Leonardo Govoni, il giovane neoeletto segretario.
L’orazione ufficiale di oggi è stata impostata in modo un po’ diverso dal solito, cioè i nostri due oratori ci parleranno dei motivi del loro impegno, affrontato dal punto di vista di due generazioni così differenti.
La domanda di fondo che si sono posti è “Perchè resistere?”; domanda a cui Piero Calamandrei rispose semplicemente: «Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini».