Anche quest’anno in rappresentanza della comunità montevegliese ho rinnovato il voto fatto dai nostri concittadini nel 1527 durante l’assedio dei Lanzichenecchi con la consegna simbolica del cero votivo all’Abate. Durante la celebrazione è stato eseguito un concerto a cura della “Schola Cantorum di Bazzano”.
Sotto riporto il testo a cura di Laura Lanza degli Amici dell’Abbazia che ha descritto agli intervenuti il contesto dell’episodio narrato nella lapide ancora oggi presente all’Abbazia di Monteveglio. Si ringraziano la Proloco, i Commercianti, gli Amici dell’Abbazia, gli Arcieri e tutti quelli che hanno contribuito alla realizzazione dell’evento.
(Tratto liberamente da”LA SECONDA CANOSSA” di Renato Passeri, arti grafiche Tamari 1978, pag. 208/9)
“Un grave pericolo fu corso da Monteveglio nel 1527, e da tale episodio è nata la festa del cero, festa locale tutt’ora celebrata a Monteveglio.
L’avvenimento è legato al lungo ciclo di lotte che contrapposero l’imperatore Carlo V e il re di Francia Francesco I, e che purtroppo ebbero spesso come campo di battaglia il territorio italiano.
Francesco I fu sconfitto e catturato dall’imperatore. Quando ottenne nuovamente la libertà, ansioso di rivincita, aderì ad una lega formata da Venezia, Firenze, Milano e lo stato pontificio, che aveva lo scopo di salvaguardare le terre italiane dalle mire dell’impero. L’ingresso della Francia peraltro mutò carattere a questa lega che, approfittando della momentanea debolezza dell’impero, attaccato dai turchi e indebolito dalla rivoluzione protestante e da guerre civili, passò all’offensiva.
Fu per tale motivo che le truppe imperiali invasero l’Italia, avendo come obiettivo finale la conquista di Roma e la punizione di quello che veniva considerato il tradimento del Papa.
Nel 1523, il comandante in capo Carlo di Borbone, conte di Montpensier, aveva disertato il campo del suo re perché scontento della esosa politica fiscale della Francia, ed era passato al re di Spagna e imperatore Carlo V.
Nel 1526, entrato in Italia con le truppe spagnole, il Borbone si unì ai lanzichenecchi, avventurieri tedeschi luterani scesi in Italia al comando del capitano Frundsberg in numero di tredicimila, e con essi rafforzò le sue truppe spagnole, portandole a venticinquemila uomini, e successivamente a quarantamila, comprese le milizie italiane.
Dal modenese, le milizie imperiali passarono, nel 1527, nel territorio bolognese dove, per due mesi, commisero distruzioni, stragi, stupri e saccheggi di ogni genere. Presero d’assalto, saccheggiarono e devastarono molti centri abitati, fra i quali Crevalcore e S. Giovanni in Persiceto, e fu in quell’occasione che vennero anche nella valle del Samoggia tentando di prendere d’assalto Monteveglio.
Il 24 marzo 1527, giunti ai piedi della collina, lì si accamparono sulle rive del torrente Ghiaia, per potere, il giorno seguente, risalire l’erta e dare l’assalto al castello. Il pericolo era mortale, perché il castello era malridotto, i montevegliesi erano pochi e non avrebbero certo potuto difendersi contro quelle truppe agguerritissime. Era la notte fra il 24 e il 25 marzo, ricorrenza dell’Annunciazione di Maria. I canonici e i montevegliesi si radunarono allora nella chiesa, che è dedicata alla Madonna, pregandola di liberarli dai nemici, e facendo voto solenne alla Vergine che, se fossero stati liberati dall’assedio, avrebbero ogni anno fatto in quel giorno una solenne processione, offrendo un cero alla sua chiesa. E’ durante quella notte che avvenne il miracolo che oggi ricordiamo e di cui si narra in una antica lapide* posta all’interno della chiesa, di cui vi verrà letto il testo al termine del corteo. Una furibonda tempesta di neve infatti cadde in grande quantità rendendo impraticabili i sentieri della collina. Poi la neve si sciolse repentinamente, gonfiando il grosso torrente Ghiaia e travolgendo i lanzichenecchi, molti dei quali perirono annegati, mentre gli altri abbandonavano l’impresa e si ritiravano.
Poi, mentre le autorità bolognesi cercavano di trattare offrendo grosse somme di denaro, le truppe germaniche continuarono a fare saccheggi e commettere infinite atrocità, fino a quando, finalmente le truppe imperiali passarono in Romagna e puntarono su Roma, che conquistarono, saccheggiandola orribilmente in quello che passò alla storia come il sacco di Roma. Durante l’assalto morì Carlo di Borbone ucciso al Gianicolo, si dice, da Benvenuto Cellini.
Dei lanzichenecchi comunque, sterminati dalla peste, dopo il sacco di Roma ben pochi sopravvissero.”