Questa mattina come ogni anno abbiamo ricordato a Cà Bortolani i caduti e i deportati del periodo fascista assieme alle ragazze e ai ragazzi della scuole medie di Savigno e Castello che hanno presentato molte interessanti letture e relazioni sul tema.
Ebbene, come rappresentante delle istituzioni (e dei cosiddetti “adulti”), ho sentito il dovere davanti a quei giovani di ragionare sulle nostre responsabilità verso quello che sta succedendo alla nostra società, che ha ricominciato a parlare di “razza bianca” e a fomentare l’odio verso il diverso di turno, vuoi perché di un’altra religione, con un altro colore della pelle, orientamento sessuale o politico.
Il tutto nella quasi totale indifferenza dei più. Anzi. Con molti che pensano apertamente che il manganello fascista o i campi di concentramento non sarebbero poi così male applicati alle categorie di cui sopra. Se questi sono i risultati, abbiamo fatto abbastanza per ricordare quell’orrore? Abbiamo fatto abbastanza per consolidare il NOI delle comunità, rispetto all’IO egoistico e pericoloso a cui non interessa più nulla degli altri? Abbiamo dato gli strumenti necessari per distinguere, denunciare, isolare i novelli inquisitori che infestano e contaminano con il loro odio quella che per molti é l’unica finestra sul mondo (ir)reale: lo schermo del proprio telefono?
L’unica cosa da fare è alzare il livello di quegli anticorpi fatti di conoscenza, che per decenni hanno tenuto lontano queste degenerazioni. E avere il coraggio di continuare a spiegare che ci salva solo tutti insieme.